Chi sono i beach boys?

tra realtà e pregiudizi

chi sono i beach boys?

Sono sicura che hai già sentito parlare di loro, ma effettivamente, chi sono i beach boys?

Premetto che ci sono infiniti pregiudizi e racconti raccapriccianti in merito a questi ragazzi, e in questo caso può essere vero il detto “non è tutto oro quel che luccica”, ma la realtà è che io non voglio focalizzarmi su ciò che ho letto sul web o ascoltato da altre persone ma voglio parlare solo della mia esperienza, vissuta sulla mia pelle durante il mio viaggio. Se vuoi scavare a fondo, cercare altre realtà che si discostano da quella che ho vissuto io, il consiglio che ti do è quello di prendere con le pinze quello che leggi sul web, ma piuttosto, investici un viaggio e creati le tue opinioni.

 

Ho conosciuto i beach boys durante il mio viaggio in Kenya, sulla spiaggia di Watamu.

Mi trovo d’accordo solo con una considerazione rispetto a tante altre che si trovano sul web: i beach boys ci vedono come portafogli pieni che camminano. D’altronde, abbiamo speso migliaia di euro per arrivare e soggiornare nelle loro bellissime terre, hanno anche ragione, no?

Ma facciamo chiarezza:

I beach boys sono giovani ragazzi kenioti che vivono in poveri villaggi alle spalle dei grandi resort stellati in cui soggiornano turisti da tutto il mondo.
Questi ragazzi si ammassano in spiaggia aspettando il momento in cui i turisti scendono a riva per propinare loro souvenir di ogni tipo, tele dipinte, calamite, gioielli, escursioni e quant’altro, e pur di racimolare qualche spicciolo possono diventare molto insistenti, pressanti, invadenti e soprattutto logorroici, e scordati di liberarti di loro con un semplice “no, grazie”.
Non puoi scendere in spiaggia e pensare di fare una bella passeggiata in solitaria sulla battigia, perché non farai in tempo ad arrivare all’acqua che già un beach boy ti avrà raggiunto per raccontarti la sua vita, allungandoti un braccialetto o chiedendoti direttamente qualche euro.

Nonostante questo aspetto apparentemente negativo, non bisogna assolutamente esserne intimoriti, ne tantomeno andrebbero respinti in malo modo; vogliono solo guadagnare, e spesso il loro unico scopo è portare del cibo sulla tavola della loro famiglia, sempre che ce l’abbiano una tavola; ma questo lo vediamo più avanti…

La maggior parte di loro, quelli onesti e regolari, lavorano per conto di un’agenzia locale che vende escursioni di ogni tipo, come il safari al Parco Nazionale dello Tsavo, un tour dei villaggi della zona, o il classico Safari Blu. Queste agenzie, in cambio, riconoscono al beach boy una percentuale sulla vendita.

Molto spesso, queste escursioni hanno prezzi più convenienti rispetto a quelli offerti dai resort, pur offrendo lo stesso identico prodotto.

La mia personale esperienza con i beach boys

Personalmente ho instaurato un ottimo rapporto con due beach boys, Fagiolo e Carbone (nella foto sopra). Come puoi immaginare, i nomi sono italianizzati, a causa del potente afflusso di turisti dal nostro Bel Paese, così che siano facilmente memorizzabili anche una volta tornati in Italia, in modo da poterli consigliare ad amici e parenti. I beach boys contano molto sul passaparola tra turisti. 

Una mattina Fagiolo ed un suo amico mi vengono a prendere con un tuk tuk dagli interni zebrati ( l’ho subito adorato) e mi fanno da guida attraverso l’intera città di Malindi, facendomi curiosare nei vari negozi/gelaterie/ristoranti gestiti da italiani trasferiti lì in pianta stabile.

Mi hanno fatto conoscere alcuni loro amici all’interno del paese, per farmi assaggiare un liquore tipico a base di latte di cocco di loro produzione. Non sono un’amante degli alcolici, ma qualcuno con un palato più accogliente del mio avrebbe sicuramente apprezzato di più.

tuk tuk watamu beach boys
vita a malindi
vita a malindi

Successivamente ad una mia richiesta, Fagiolo mi ha portata a casa sua, ero semplicemente curiosa:  Come vivono? Come passano il loro tempo? Sono davvero poveri come vogliono farci credere?
La risposta non si è fatta attendere. Ho conosciuto la sua famiglia, i suoi vicini di casa, e ho subito capito, che per noi, il concetto di casa è leggermente diverso.

Il villaggio è composto da una decina di capanne costruite con materiali facilmente reperibili come fango, paglia e grandi foglie secche di palma utilizzate come copertura delle abitazioni. I più fortunati si sono costruiti una casa di mattoni.
Ogni capanna non aveva più di due o tre stanze; non capivi quale fosse la camera da letto e quale la cucina. In realtà dormivano dove capitava, lo stesso per la cucina, definita tale solo per la presenza di due fornelli a gas (che solitamente ho sempre e solo visto utilizzare in campeggio), tre pentole, qualche piatto e nessuna posata, fatta eccezione per un paio di mestoli. Qui ho avuto la certezza che una tavola non ce l’avevano.

villaggio watamu
case villaggio kenya
villaggio beach boys

Una buona azione

La giornata era incredibilmente interessante, ma io avevo una missione da compiere:
Volevo farmi portare in una scuola/orfanotrofio per donare ai bambini, alcuni vestiti e giocattoli portati da casa.
Quando si parte per una vacanza si sta sempre attenti a riempire le valigie di tutto il necessario per il soggiorno; io invece ho deciso di sacrificare una valigia da stiva riempiendola di vestiti usati che non indossavo più da tempo, indumenti di quando ero piccola o capi usati raccolti da amici e conoscenti.
C’erano bambini di ogni età; erano intimoriti, quasi imbarazzati ma con lo sguardo curioso. Si sono avvicinati tutti a me, e quando ho aperto la valigia, pensavo partissero all’assalto, invece con un’educazione inaspettata hanno atteso l’arrivo della maestra che avrebbe distribuito loro tutti i vestiti e tutti i giochi.

Mi sono sentita utile a donare l’intero contenuto di una valigia da stiva, ma ingenua a pensare che ne sarebbe bastata solo una. Contando che qualcosa avevo lasciato anche alla famiglia di Fagiolo, mi resi subito conto che ne sarebbero servite molte, ma molte di più.  Non ci si rende conto davvero della povertà finché non la si vede con i propri occhi. 

scuola malindi
bimbi scuola malindi

Escursione con i Beach Boys

Ho passato insieme a Fagiolo e Carbone un’intera giornata dedicata al Safari Blu: una gita in barca per ammirare la barriera corallina del parco marino di Watamu e immergerci nelle meravigliose acque cristalline dove è possibile vedere banchi di pesci coloratissimi, polipi, stelle marine e con un po’ di fortuna, anche tartarughe e delfini.
Sulla barca non c’eravamo solo noi, ma altri turisti accompagnati dai loro beach boys e altri ancora che avevano acquistato l’escursione direttamente nel resort dove soggiornavano.
Dopo circa mezz’ora di navigazione raggiungiamo la meravigliosa Sudi Island, dove è possibile prendere una canoa per risalire il fiume tra le numerosissime mangrovie e la fitta vegetazione che caratterizza l’isola.

Dopo un pranzo a base di pesce da leccarsi i baffi, canti locali e altre situazioni che al turista medio esaltano parecchio, siamo tornati verso la costa di Watamu con un’altra breve sosta alla barriera corallina.

mangrovie watamu
Safari blu beach boys
barriera corallina Watamu

Ma in fin dei conti, ci si può fidare dei beach boys?

Io dico di si, perché io in prima persona mi sono fidata, e mi sono sempre sentita tranquilla e al sicuro, e credetemi, non c’è modo migliore che vivere un luogo se non con i locali.
Un mio personale consiglio: non partire con il pregiudizio, non basarti solo sui racconti poco felici che trovi sul web, ma giudica solo in base alla tua esperienza e non sbaglierai mai.

Buon viaggio e Hakuna Matata!!

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