Il mio viaggio in Kenya

un paradiso dimenticato

il mio viaggio in kenya

Quando si arriva in Kenya si entra in un universo parallelo. Un mondo silenzioso, pacifico, di naturale bellezza e ricco di sentimenti. Un viaggio in Kenya che sognavo da anni, e che finalmente ho realizzato.

Atterriamo a Mombasa alle 5:40 del mattino, e dopo circa due ore e mezza di viaggio in auto, arriviamo a Watamu, uno dei luoghi più turistici sulla costa del Kenya. Il via vai di persone già all’alba, era a dir poco incredibile. Gli uomini a bordo strada macinavano chilometri per andare a lavorare, nei campi, o nei cantieri; le donne, vestite con lunghe casacche colorate si riunivano insieme ai bambini.

Arriviamo al Resort, ed essendo gli ultimi giorni della grande stagione delle piogge, il Kenya decide di darci il benvenuto con un temporale mai visto prima. Pioggia tutto il giorno, il che non ci ha disturbati per niente, essendo stanche dal viaggio, ci ha dato la possibilità di recuperare le forze per la mattina seguente: il primo giorno di safari, alla ricerca dei Big Five, i cinque animali più grandi e pericolosi della savana, un tempo ambiti trofei dei bracconieri.
Sono ventotto anni che aspetto questo momento: il safari nell’immensa riserva nazionale del Masai Mara.

si parte per il Masai Mara

Raggiungibile solo con volo interno, partiamo da Malindi con un piccolissimo aereo da 19 posti, piuttosto mal messo e scricchiolante, ma era appena atterrato, quindi sicuro funzionava!
Due ore di volo con un freddo mai provato; non so a quale altitudine siamo arrivati, ma di certo le guarnizioni non fanno più il loro lavoro da tempo. Atterriamo all’aeroporto di Musiara; aeroporto si fa per dire, in realtà è uno sterrato con una pista di decollo e di atterraggio di solo terra battuta. Nessuna costruzione, nessun controllo. Ci scortano ad una jeep, che ci porterà in un luogo incantato.

Governor's Camp Kenya
Governor's Camp Kenya

Il Governor’s Camp sembra davvero uscire da una favola: un campo tendato, non recintato, completamente immerso nella natura, che offre una vista sulla savana e su un grande specchio d’acqua, dove giraffe, ippopotami ed elefanti, bevono e si rilassano tutto il giorno. Una finestra sul mondo animale che speravo proprio di poter ammirare in tutta la sua bellezza.

Quel luogo ci avrebbe ospitato per i successivi tre giorni, prima di tornare sulla costa. Non volevamo più andarcene.
Il pomeriggio arriva in fretta, e macchina fotografica al collo, comincia il primo safari della mia vita.
Il sole splendeva in alto nel cielo. La pioggia l’avevamo lasciata a Watamu.
La jeep ospitava, oltre a noi, una coppia di ragazzi indiani, e Mandila, che si rivelerà uno spericolato autista amante dell’ offroad, e per questo non lo ringrazierò mai abbastanza.

pranzo sulla jeep

Questo è il periodo della grande migrazione: una transumanza di animali erbivori che si spostano dalla Tanzania, fino ad arrivare in Kenya, attraversando il fiume Mara, in cerca di acqua e vegetazione. Lo spettacolo che ci siamo trovati davanti ha dell’incredibile.

Immagini che fino ad allora avevo visto solo nei documentari: migliaia di Zebre e Gnu, che si spostavano ciondolanti verso l’acqua, attraversando il fiume Mara saltando e lottando contro l’impetuosa corrente di quelle acque torbide; che ospitavano i predatori più temuti: abbiamo assistito ad un attacco da parte di un coccodrillo che con un morso, ha tranciato di netto la coda della sua povera vittima. La zebra dolorante, è uscita dall’ acqua quasi tutta d’un pezzo. Per quanto possa dispiacere assistere a spettacoli del genere, dobbiamo sempre ricordarci, che la natura è tanto bella quanto crudele.
I successivi giorni di safari ci regalano altrettante sorprese.

attraversamento fiume Mara delle zebre
la grande migrazione - zebra

Il giorno dopo ci svegliamo per iniziare il safari all’alba, e ci siamo imbattuti in una leonessa e i suoi due cuccioli. Lei noncurante della nostra presenza, lasciava giocare i piccoli controllandoli di tanto in tanto, come una brava mamma deve fare, anche quando due iene curiose si stavano avvicinando un po’ troppo.

Non sono mancati gli elefanti, che nonostante la stazza, e la loro pigra andatura sono estremamente eleganti.

elefanti nel Masai Mara

Nel pomeriggio, e dopo due ore sulla jeep, senza seguire un reale sentiero (impossibile in quei luoghi seguire un vero percorso battuto), Mandila ci porta a visitare un villaggio del popolo Masai. Al nostro arrivo una quindicina di persone vengono verso di noi e ci accolgono nel loro villaggio, con i loro abiti dai colori accesi e sulle tonalità del rosso e arancione. Un villaggio che vive di poco e niente, di natura, di coltivazioni e bestiame. Un villaggio che ti trasmette felicità pur non avendo nulla da offrirti, se non qualche statuina di legno e racconti locali.
La pelle del viso rovinata dal sole, le mani ferite dal troppo lavoro. Una vita trascorsa in uno dei luoghi più belli del mondo, e nemmeno lo sanno.

donne masai
villaggio masai

La giornata seguente è stata dedicata interamente alla ricerca del rinoceronte. Un animale schivo, e molto raro da vedere. Purtroppo, il rinoceronte è uno di quegli animali a rischio di estinzione. In tutta l’Africa, se ne contano solo cinquemila.

La savana, per quanto bella, è disorientante. Distese infinite di prateria color grano; con qualche albero isolato qua e là. Solamente lungo il fiume prevale una fitta vegetazione verde, ma che si disperde rapidamente allontanandosi dall’ acqua.
I nostri sguardi persi all’orizzonte per scorgere qualcosa che assomigliasse a un rinoceronte, finché a un certo punto, lo avvistiamo. Da solo in mezzo alla sterpaglia. Appena si accorge di noi, si ferma, si guarda attorno, attraversa il sentiero sterrato su cui ci siamo fermati e decide di proseguire il suo cammino senza voltarsi. Un solo rinoceronte. Siamo stati fortunati a vederlo, ma tristi nel renderci conto di quanto l’uomo, negli anni di bracconaggio, sia stato l’unico colpevole di questa solitudine.

Oltre al rinoceronte, fanno parte dei big five: il leone, il bufalo, l’elefante e il leopardo, che purtroppo, non ci ha degnati della sua presenza. È un animale riservato, si rifugia sugli alberi, all’interno della vegetazione più fitta, e dormono la maggior parte del tempo.

Rinoceronte Kenya

 

Questi wild days sono trascorsi troppo in fretta. Era ora di tornare alla base. A Watamu, sulla costa del Kenya, ci attendevano gli ultimi giorni di vacanza. Volevamo vedere di più, utilizzare ogni istante di quel soggiorno per conoscere e visitare il più possibile. Questa zona è famosa per la presenza dei beach boys sulla spiaggia, ragazzi del luogo, parecchio invadenti con noi turisti, che cercano di venderti un braccialetto, una statuina di legno, pur di portare pochi euro in famiglia.
Abbiamo fatto amicizia con due ragazzi adorabili, con nomi buffi e facili da ricordare per noi italiani, Fagiolo e Carbone, due cugini, ed è grazie a loro, che abbiamo vissuto la Vera Africa.

Quello stesso pomeriggio, con soli 20 €, ci hanno fatto da guida. Siamo usciti dal resort e ci siamo trovati davanti alla realtà. Da una parte i resort stellati, con le cucine piene di cibo ad ogni ora del giorno; dall’ altra parte della strada, famiglie che vivono in capanne e case fatte di fango e paglia, che bevono acqua sporca e camminano scalzi sull’ asfalto. Un quadro terrificante.

Ci si sente quasi colpevoli ad essere così fortunati, ad avere tutto e troppo. Nel nostro piccolo, volevamo fare qualcosa: siamo partiti dall’Italia con una valigia piena di vecchi indumenti che ormai non indossavamo più, da donare a qualcuno del posto. Senza batter ciglio, e quasi stupiti dal nostro gesto, ci hanno portato in una scuola-orfanotrofio dove abbiamo potuto consegnare vestiti, giochi, cibo e molto altro, rendendo felici tantissimi bambini, con una luce negli occhi che difficilmente vedrò in un altro posto.

conclusioni

Questo viaggio in Kenya è risultato più difficile di quanto mi aspettassi. A livello umano. Ho potuto vivere il Kenya non da banale turista, interessato solo all’ abbronzatura, alla sabbia bianca, e alla vita spensierata nel villaggio; ma sono riuscita a vedere ciò che rimane nell’ombra, visitando villaggi, parlando con le persone e camminando tanto da consumare le suole delle scarpe.

Questo è quello che ti fa venire il vero mal d’Africa, non di certo l’hotel a 5 stelle con i camerieri kenioti che ti servono tutto il giorno e poi li vedi dopo cena che escono dal resort per raggiungere le loro famiglie che vivono in capanne di fango circondati dalla miseria. Cose, che il turista medio non saprà mai.

Questo è il vero Kenya, un paradiso dimenticato.

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